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Assegno divorzile: i criteri stabiliti dalla Cassazione

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Assegno divorzile: non basta avere un reddito più basso dell’altro coniuge per averne diritto

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 16 luglio 2025, ha ribadito i criteri in base ai quali può essere riconosciuto l’assegno divorzile al coniuge più debole.

Il caso

Il Tribunale di Bologna, poi confermato in appello, aveva condannato un ex marito a versare 1.500 euro al mese all’ex moglie, nonostante quest’ultima svolgesse un’attività lavorativa a tempo pieno. L’uomo aveva impugnato la decisione, sostenendo che la moglie non avesse dimostrato alcun sacrificio o contributo alla vita familiare tale da giustificare l’assegno.

I principi richiamati dalla Cassazione

La Suprema Corte ha ricordato che:

  • L’assegno divorzile non ha solo funzione assistenziale (garantire i mezzi necessari a una vita dignitosa), ma anche compensativa e perequativa: serve cioè a riequilibrare le differenze economiche tra i coniugi al termine della relazione, che derivano da scelte comuni di vita familiare (ad esempio se un coniuge ha rinunciato alla carriera per occuparsi della casa o dei figli).
  • Se entrambi i coniugi lavorano e hanno propri redditi, chi chiede l’assegno deve provare concretamente i sacrifici sostenuti o il contributo dato alla formazione del patrimonio familiare e personale dell’altro coniuge.
  • L’assegno può essere riconosciuto anche se non è dimostrata una rinuncia esplicita a occasioni di lavoro, purché sia provato un apporto rilevante alla famiglia (cura esclusiva dei figli, sostegno economico, prestazioni di garanzie, utilizzo di risorse personali o sociali, ecc).
  •  Diversamente, se il coniuge richiedente dispone già di mezzi adeguati per vivere in autonomia, non avrà diritto ad alcun assegno, anche in presenza di squilibri patrimoniali.

L’onere della prova

Sul tema della prova, la Cassazione è stata netta:

l’onere probatorio dei presupposti per il riconoscimento dell’assegno grava sul coniuge richiedente e deve essere assolto in maniera rigorosa, anche se in via presuntiva, dimostrando che la disparità economica esistente al termine del matrimonio sia conseguenza delle scelte comuni di conduzione della vita familiare e del sacrificio delle aspettative lavorative e professionali di uno dei coniugi.

Nel caso esaminato, la moglie aveva fornito solo allegazioni generiche, mentre il marito aveva tempestivamente contestato tali affermazioni, fornendo una diversa ricostruzione dei fatti.

La decisione finale

La Cassazione ha quindi stabilito che non fosse corretto ritenere “pacifiche” le circostanze allegate dalla moglie e ha accolto il ricorso dell’ex marito. La questione è stata rinviata alla Corte d’appello di Bologna, che dovrà decidere nuovamente tenendo conto di questi principi.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un concetto fondamentale:
 non basta dimostrare di avere un reddito più basso dell’altro coniuge per ottenere l’assegno divorzile.

Chi lo richiede deve provare in modo concreto che lo squilibrio economico sia il risultato di scelte familiari condivise e di sacrifici personali.
Il principio di non contestazione non può essere applicato in modo automatico: se l’altro coniuge contesta puntualmente le allegazioni, il giudice deve valutare le prove concrete offerte, senza ritenere le allegazioni medesime pacifiche  senza dare nulla per scontato.

In definitiva, l’assegno divorzile continua a essere uno strumento di solidarietà post-coniugale, ma va riconosciuto solo quando davvero si dimostra che dietro alle differenze economiche c’è stato un sacrificio del coniuge più debole a favore della famiglia.

Se ti trovi in una situazione simile e vuoi sapere se hai diritto all’ assegno divorzile o se puoi contestarne la debenza, prenota un colloquio orientativo per ricevere una consulenza personalizzata e capire quali strumenti legali possono tutelare al meglio i tuoi diritti.

 

Avvocato matrimonialista Paola Martino

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