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Abbandono del tetto coniugale – Addebito della separazione?

abbandono del tetto coniugale

Abbandonare il tetto coniugale prima della separazione, è possibile? Quali sono le conseguenze?

Una domanda che viene frequentemente posta dai clienti che intendono separarsi e la cui convivenza con il coniuge è divenuta intollerabile, è la seguente: “posso allontanarmi dalla casa familiare, prima della pronuncia della separazione, senza subirne conseguenze negative?”

La risposta è….. dipende.

Uno dei doveri che lega la coppia sposata è quello della coabitazione.

L’art. 143 Cod. Civ. statuisce, infatti, che “Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco ….alla coabitazione” ;

l’art. 144 Cod. Civ. prevede, poi, che “i coniugi …fisano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi”.

Per cui allontanarsi dalla casa coniugale senza l’autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria a vivere separati, oppure in assenza di un accordo di separazione in tal senso munito di autorizzazione /nullaosta da parte della Procura della Repubblica, a seguito procedimento di negoziazione assistita, costituisce violazione dei doveri coniugali e può dar luogo all’addebito della separazione.

A meno che non vi sia una giusta causa.

Sul concetto di giusta causa, la giurisprudenza ha formulato molteplici esempi.

Prima di illustrarne alcuni, occorre premettere che l’art. 146 del Codice Civile individua una specifica giusta causa: “la proposizione della domanda di separazione, o di annullamento, o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio costituisce giusta causa dell’allontanamento dalla residenza familiare.

La ragione è evidente: la domanda di separazione, piuttosto che quella di annullamento, o di divorzio, hanno come presupposto di base l’intollerabilità della convivenza.

Per cui è possibile allontanarsi dalla casa familiare prima che intervenga una pronuncia giudiziale che autorizzi le parti a vivere separate, purché venga proposta la relativa domanda.

Pur in assenza della domanda di separazione e/o divorzio, l’allontanamento dalla casa coniugale può, però, essere ritenuto legittimo ove ricorrano determinate circostanze.

violenze domestiche

Quando, ad esempio, sia motivato da pregresse violenze domestiche –  siano esse fisiche e/o psicologiche –  da un ambiente familiare divenuto nel tempo ad alto tasso di conflittualità, dall’ assenza di un’intesa sessuale, da uno stillicidio di litigi con la suocera, costantemente presente nella vita familiare, da un tradimento del coniuge ….etc.

In questi casi, ed in molti altri, la giurisprudenza ha ritenuto che il coniuge possa allontanarsi della residenza familiare senza che gli sia addebitabile la separazione, in quanto l’allontanamento è avvenuto come forma di autotutela e,  comunque, quando la situazione familiare era già irrimediabilmente compromessa.

In altri termini, l’allontanamento dalla casa familiare non costituisce motivo di addebito della separazione nei casi in cui l’allontanamento non è causa della crisi familiare e, quindi, del fallimento del matrimonio, quanto piuttosto il suo effetto più evidente.

L’abbandono del tetto coniugale non determina l’addebito della separazione, cioè, le volte in cui la crisi era già conclamata, sicché l’allontanamento non è che la conseguenza di detta crisi

In assenza di giusta causa e quando, quindi, la crisi coniugale sia causata  proprio dall’essersene uno dei coniugi andato immotivatamente via dalla casa, allora l’allontanamento può essere motivo di addebito della separazione.

Ovviamente l’allontanamento, perché sia giuridicamente rilevante, deve essere significativamente protratto nel tempo e non è, pertanto, influente ai fini dell’addebito, l’uscire di casa per un fine settimana, piuttosto che per una c.d. “pausa di riflessione” di breve durata.

L’addebito della separazione ha due sostanziali effetti: il coniuge cui è addebitata la separazione cessa di essere erede dell’altro (laddove solo con il divorzio si perdono i diritti ereditari nei confronti dell’altro coniuge) e, ove fosse il coniuge economicamente più debole, non avrebbe diritto all’assegno di mantenimento.

Esclusione del diritto al mantenimento non comporta, però, l’esclusione anche degli alimenti, ove il coniuge cui è addebitata la separazione versi in stato di bisogno.

Del pari, se il coniuge, cui è addebitata la separazione, ha diritto agli alimenti, in caso di morte dell’altro coniuge può essere riconosciuto allo stesso il diritto a percepire un assegno vitalizio a carico dell’eredità.

Il coniuge cui è addebitata la separazione, in caso di morte dell’altro,  conserva, poi, il diritto alla pensione di reversibilità, a prescindere dal godimento dell’assegno alimentare, in quanto ciò che rileva, per il legislatore, è unicamente l’esistenza del  rapporto coniugale

Avv. Paola Martino

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